da IL TAMBURO DI KATTRIN:
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Cosa caratterizza le
diverse fasi del processo creativo in un lavoro teatrale rivolto all’infanzia?
Giacomo Ferraù: Punto di
partenza fondamentale per il nostro lavoro è stato lasciare che lo spazio
scenico diventasse luogo di gioco e scoperta; un luogo dove tutto è permesso
senza timore di giudizio, dove le regole nascono organicamente nello spazio e
con lo spazio della storia, del racconto, della vita scenica. Sin dalle prime
volte in cui io e Giulia ci interrogavamo riguardo al progetto, avevamo ben
chiaro che intendevamo realizzare uno spettacolo diretto a una fascia specifica
del teatro ragazzi ma capace, nel contempo, di rivolgersi a bambini di ogni
età, dagli 8 ai 99 anni, come la dicitura dei giochi in scatola più divertenti.
Parlare al bambino che è dentro di noi significa, a livello attoriale, lasciare
spazio alla fantasia, in fase creativa, senza inscatolarla dentro limiti
logistici prestabiliti. Era per noi il primo spettacolo di teatro ragazzi in
cui ci impegnavamo in una drammaturgia originale. Durante il lavoro ci siamo
dunque stupiti a osservare che le regole della messinscena fossero del tutto
uguali ai principi basilari di creazione seguiti negli altri spettacoli rivolti
a un pubblico più adulto, e che queste regole non subissero limitazioni, anzi!
In primo luogo, il controllo costante della chiarezza e dell’efficacia
espositiva della messinscena. Poi, indubbiamente, il reale divertimento
attorale in scena: perché i bambini, come diciamo nello spettacolo, sono molto
più attenti al mondo degli adulti che gli adulti stessi. E ancora la semplicità
della messinscena stessa. Certo, è difficile essere semplici ed essenziali,
soprattutto in un’epoca dove la semplicità viene spesso confusa con banalità.
Eppure, quella meravigliosa risorsa scenica che è lavorare per immagini, per
metafore teatrali (soprattutto la metonimia, la parte per il tutto), ci ha
aperto una strada per portare in scena mondi che in fase di scrittura
apparivano difficilmente rappresentabili.
Come il teatro mutua, con metonimia
appunto, il gioco del bambino che agitando un lenzuolo si stende davanti al
mare, così in scena compaiono, agli occhi del bambino che è dentro ognuno di
noi, paesi lontanissimi a distanza di un passo, cani invisibili, letti
verticali, foto ricordo che si animano al pensiero di un carillon…
Lasciare
aperta la discussione scenica inoltre ci ha permesso di inserire immagini e
proposte dell’intero gruppo: il lavoro di Andrea, Libero, Giulia e Valentina
(che mi affiancava come assistente) è stato più che fondamentale. Nato ieri
nasce in effetti da una nostra riflessione su una condizione odierna più
generale di spaesamento, di inadeguatezza rispetto una realtà fatta di schemi
fin troppo prestabiliti, che non lascia spazio allo spirito del bambino e che
costringe a una crescita troppo rapida, negando la dimensione della scoperta,
del candore che permette di emozionarsi, del gioco, che è anche il principio
del nostro mestiere.
Come racconteresti la
storia ad un bambino dell’età alla quale ti stai rivolgendo con il tuo
progetto?
Mino è nato
ieri. E ha 42 anni. Mino ha lo spirito di un bambino, ma è nato già adulto, nel
corpo di un adulto. Anche i suoi genitori, che non sono mica nati ieri, si sono
chiesti, al tempo, come fosse potuto nascere così grande. O meglio, se lo sono
chiesti per un paio d’ore, poi ci hanno rinunciato e lo hanno lasciato davanti
alla porta di un orfanotrofio. Così Mino rimane lì, col pollice in bocca,
immobile, di fronte al portone. Arriva la notte, con lei il buio. Mino, essendo
nato ieri, non conosce il buio, così si spaventa e inizia a piangere. E piange.
E piange. E piange. Fino al mattino successivo, quando una suora attempata gli
apre la porta e spinge fuori un bambino dai tratti slavi, un bambino rom, con
un cespuglio di capelli arruffati, un sorriso furbetto e un violino sotto al
braccio. «È lei il signor Rossi? È venuto a prendere Lucignolo, finalmente?»
ringhia la suora tirando il bambino dall’orecchio. Mino sorride, perché essendo
nato ieri non ha ancora imparato a parlare. «Ma quale signor Rossi? Questo è
nato ieri!» dice Lucignolo ridendo. «Porta rispetto al tuo nuovo papà!» tuona
esausta la suora sbattendo il portone dietro di sé. Mino e Lucignolo si
guardano. Si guardano. Si guardano. Poi finalmente Mino sorride. «Pa-pà…». La
sua prima parola. Anche se ancora non lo sanno, le loro vite, da questo
momento, non si separeranno più. Dopo un attimo di disperazione, Lucignolo si
rassegna alla cruda realtà: l’uno non ha che l’altro al mondo e in qualche modo
dovranno cavarsela. Lucignolo per prima cosa cerca di ritornare al campo rom
dove vivevano i suoi genitori, ma trova soltanto terra e cenere. Così iniziano
il loro viaggio e le loro numerose avventure per riuscire ad arrangiarsi nella
giungla del mondo. Lucignolo sa di essere troppo piccolo per trovare un lavoro.
Potrebbe farlo Mino. «Se Mino è nato ieri, tutti se ne accorgeranno» pensa
Lucignolo. «Bè, la suora non se n’è accorta, in effetti, i grandi non sono così
attenti…». Così inizia la loro avventura, Lucignolo insegnerà a Mino come fare
a essere grande, mentre Mino restituirà al suo amico quel gioco e quella
leggerezza dell’infanzia che la vita gli ha negato.
oppure…
Nato ieri
è la storia di un bambino, Mino, che nasce e ha già 42 anni. La sua mamma e
il suo papà non sanno come prendersi cura di lui e decidono di lasciarlo
all’orfanotrofio dove una suora, scambiandolo per un genitore, gli affida un
bambino rom di 10 anni, Lucignolo. Mino e Lucignolo dovranno vivere insieme,
l’uno non potrà stare senza l’altro, ognuno imparando attraverso gli occhi del
suo compagno, la ricchezza e l’unicità della propria età, della propria
esistenza.
Come si è sviluppato il
lavoro rapportandosi alle diverse fasi che caratterizzano il Premio Scenario?
Giulia Viana: Da tempo,
pensavamo a una nuova produzione Eco di fondo, uno spettacolo di teatro
ragazzi, ma tergiversavamo rispetto alle tempistiche. Poi, la scadenza al bando
di concorso Premio Scenario Infanzia 2012 ci diede un buon motivo per stendere un’ipotesi
di progetto. Così in un tiepido pomeriggio di aprile, davanti a un gelato, in
Piazza Cinque Giornate a Milano, io e Giacomo pensammo a Mino e alla sua
storia, che arrivò come un lampo, nel giro di dieci minuti, tra un assaggio di
stracciatella, e uno sguardo al cielo limpido della primavera. Convocammo
Libero, Andrea e Valentina per presentargli l’idea di Nato ieri e una
prima scena per i cinque minuti. Io, Libero e Andrea provammo il testo.
Funzionava! Bastarono pochi giorni per montarlo con la regia di Giacomo.
Passata la prima selezione, io e Giacomo scrivemmo altre quattro pagine di
testo e lo proponemmo ai compagni. Non avevamo però ben chiara l’ultima scena,
quella tra Lucignolo e Mino e il principio del loro viaggio, ma Libero e
Andrea, improvvisando, in un solo pomeriggio, diedero naturalmente vita e
colore a quello che la storia richiedeva. E ora siamo qui, all’ultima
selezione, con tanti pensieri positivi per il futuro nel cuore, incoraggiati da
questo per noi grande traguardo, e, in testa, altri piccoli frammenti della
storia di Mino da cucire insieme per ultimare la sua avventura, qualunque sia l’esito
del concorso.